Non tutti riescono ad affrontare serenamente le problematiche legate ad una perdita dell’udito, che sia significativa o meno. La riluttanza ad accettare la condizione va poi di pari passo con il rifiuto di ricorrere agli apparecchi acustici.
In Italia 7 milioni di persone presentano deficit uditivi importanti, ma solo 1 milione fa uso di protesi auricolari, con una maggiore reticenza nei cinquantenni. Il rischio è quello che il disturbo peggiori col tempo.
Molte persone cercano di compensare i deficit uditivi puntando su altre facoltà, ad esempio sul proprio bagaglio culturale. Tuttavia, il tempo scorre e si rende sempre più necessario il ricorso a protesi acustiche. Il fatto però di non aver affrontato il problema alla sua insorgenza e che il declino cognitivo non può essere arrestato, va ad inficiare i risultati. Rifiutarsi di affrontare il problema per tempo può portare a stati depressivi e all’isolamento sociale: il cervello invecchia e si impoveriscono anche le aree deputate a memoria e linguaggio.
Come evitare questo circolo vizioso? Prenotando una visita dall’audiologo quando compaiono i primi disturbi uditivi. Negli ultimi anni il mondo delle protesi acustiche si è incredibilmente evoluto, contemplando tutta una serie di apparecchi studiati per le ipoacusie lievi, medie e medio-gravi. L’immaginario collettivo è ancora parzialmente legato all’idea di dispositivi ingombranti a antiestetici. Oggi però non è così e ne esistono tantissimi modelli leggeri e maneggevoli, quasi invisibili, e con elevatissime prestazioni.
Gli apparecchi acustici moderni hanno quasi del tutto sostituito quelli di vecchia generazione, complice la digitalizzazione. Spesso la coclea non funziona più adeguatamente, per diversi motivi (invecchiamento, patologie batteriche o virali, rumori intensi protratti nel tempo, assunzione di alcuni farmaci, ecc.).
Gli apparecchi acustici di ultima generazione vengono programmati dall’audioprotesista attraverso software specifici. Ciò permette di regolarli sulla base del livello di sordità, dello stile di vita e dei luoghi che abitualmente si frequentano. Grazie alla tecnologia multimediale il microfono dell’apparecchio è in grado di individuare la voce dell’interlocutore anche con i movimenti della testa di chi lo porta. Il suono viene così catturato e convertito in segnali digitali da un microchip; successivamente viene trasmesso all’amplificatore che elabora il segnale e lo invia al ricevitore. Quest’ultimo lo trasforma di nuovo in suono e lo invia all’orecchio interno. Risultato? I suoni deboli vengono potenziati e quelli forti attenuati, con un miglioramento della capacità di comprensione del parlato migliora e della comunicazione nel suo complesso.